All'ultimo giro

 
Ho avuto le palpitazioni fin da cinque minuti prima del via. Ho urlato, imprecato, tifato. Ho vissuto l'ultimo giro sgolandomi in piedi davanti alla tv. Mi è anche venuta qualche lacrimuccia, quando ho visto che quella carretta bianca e rossa che l'inglese aveva passato era proprio Glock. I miracoli succedono, a volte. I migliori vincono, a volte.

Vorrei spiegare che si, vero, un campionato del mondo ti consacra; ma Stirling Moss è una leggenda senza aver mai vinto campionati, Villeneuve vinse solo sei gare, Schumacher non sarebbe Schumacher senza quell'ultima gara in Brasile in cui superava tutti come un diavolo (e in cui perse il mondiale), Senna è diventato un grande a furia di sorpassi e carattere. Vogliamo parlare delle imprese di Von Trips, di Ronnie Petersen? O di Keke Rosberg (campione 1982), di James Hunt (1976), di Jody Scheckter (1979), tutti bravi piloti, per carità, ma gli è mancato quel qualcosa che li ha fatti diventare miti, quella gara spettacolare, quel sorpasso da brividi, quell'affetto della gente.

Mi piacerebbe spiegare a Felipe che è entrato comunque nella leggenda, perdendo in quel modo, nel suo Brasile, da vincitore, alla penultima curva. Forse non conta niente, ma sarà una di quelle imprese che racconterò ai miei figli, come a me veniva raccontata quella fantastica gara a Digione nel 79, quando Arnoux e Villeneuve battagliavano per la seconda posizione. Alla fine secondo fu Villeneuve, terzo Arnoux. Chi arrivò primo nessuno lo ricorda.

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